Lugano-Sion, l’analisi: bianconeri frenati da un blocco psicologico

scritto da Claudio Paronitti

La partita di ieri sera, piena di ricordi belli e brutti, si è chiusa con la salvezza momentanea della panchina vallesana da parte di Paolo Tramezzani

I bianconeri, scesi in campo dal primo minuto con otto giocatori su undici facenti parte della rosa della scorsa, trionfale, stagione, non hanno mostrato il loro volto migliore, questo è lapalissiano. Così come è ovvio il fatto che non è affatto evidente disputare una partita contro una formazione debilitata dagli infortuni e dalle sparate del proprio patron (Christian Constantin). Una possibile spiegazione alla parziale controprestazione del Lugano può essere trovata proprio qui. Il tecnico biancorosso, che malgrado la vittoria rimane in bilico, ha sfruttato la sua tecnica psicologica per turbare le menti dei ragazzi di Pierluigi Tami. E questo nonostante le parole della vigilia dello stesso allenatore ticinese, il quale aveva affermato che i suoi uomini avevano definitivamente chiuso con il passato.

I giocatori di casa non sono sembrati tranquilli nel manovrare il pallone, che pareva scottare come se ci si trovasse al centro di un vulcano. Chi ha visto l’incontro in televisione parla di un Tramezzani con gli occhi spiritati, come di rivalsa verso una piazza che lo ha accolto e amato come non mai. Le parole pronunciate (e non pronunciate) hanno avuto un loro peso. Il “Trame” ha salvato, per il momento, la sua panchina grazie a una visione di gioco catenacciara. Gli svizzero-francesi hanno sfruttato due ripartenze ben congeniate per portare a casa la posta piena. Per il resto, si sono rinchiusi nello spazio di trenta metri, non permettendo ai bianconeri di proporre il loro solito gioco, tanta era la densità in quella porzione di terreno.

Come dichiarato la vigilia, i sottocenerini possono utilizzare svariati moduli contro qualsiasi avversario: già nel primo tempo, con un Sion barricato nella propria metà campo, dal consueto 3-5-2 si è passati a una difesa a quattro, con l’abbassamento di Domen Crnigoj a laterale sinistro. Ciò è servito a contenere le (poche, ma incisive) sfuriate offensive degli ospiti, ma ha, di riflesso, bloccato le proiezioni in attacco dei padroni di casa, ingabbiati nella tattica a sfinire l’avversario pensata e messa in atto dal Sion. Gli ingressi nel secondo tempo di Mattia Bottani prima e Antonini Culina poi hanno aggiunto qualità là davanti. Una qualità che da sola non basta per sfondare certe difese. E, in un campionato come il nostro, se non hai a disposizione delle punte che la “buttano dentro” con una certa costanza, fai fatica a sopravvivere.

D’accordo, alla squadra osservata ieri è mancata cattiveria a centrocampo e in attacco. È proprio questo aspetto che può far capire quanto sia stata importante, su sponda vallesana, la presenza di un guerriero (non solo sportivamente parlando) in panchina. Uno che sbraita (o cerca di spronare, a dipendenza dei punti di vista) contro tutti e tutto, e che sembra pure inveire contro, quando le cose non funzionano può essere visto come un punto a favore, ma alla lunga anche a sfavore. Ed è questo che sperano i tifosi che popolano Cornaredo.

È però un aspetto che non deve in alcun modo interessare i calciatori, i quali si basano invece sulle “coccole” (come definite da Angelo Renzetti un paio di mesi or sono) di mister Tami, un tecnico sempre posato nei suoi atteggiamenti e nelle sue dichiarazioni e mai sopra le righe. Un tecnico che dà tranquillità all’ambiente che lo circonda. Ed è questo di cui, soprattutto a seguito di una sconfitta, il Lugano ha bisogno. Perché l’obiettivo di quest’anno non sarà certamente il terzo rango conquistato a giugno, bensì la disputa di una stagione dignitosa e senza sofferenze. Dopo aver superato il “trauma” del ritorno dell’emiliano a Cornaredo, ora i ragazzi potranno dormire sonni un po’ più tranquilli senza l’ossessione-Tramezzani degli ultimi giorni, ricordandosi sempre e comunque che tramite il gioco i punti arriveranno. E dovranno giocoforza arrivare, già a partire da domenica contro il Grasshopper, che Murat Yakin ha resuscitato dalle viscere più profonde della Terra. Perché l’ombra dell’ultimo rango – occupato attualmente dal Losanna e distante solamente 2 punti – è ben visibile negli specchietti della vettura bianconera…

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