FFX: Federer, Frei, Xhaka

scritto da Davide Perego

Prima o poi sapevo che sarebbe successo: era inevitabile. Che Roger Federer tornasse a strizzarmi l’occhio come a volermi ricordare che sì – in tempi non sospetti – c’eravamo tanto amati. Nel mezzo di quel Palalido, frequentato dai ragazzini delle scuole milanesi – arrivati per tifare Safin e Kafelnikov – c’ero anch’io con il mio stemma rossocrociato ed un cappellino grigio personalizzato con la scritta “Roger Federer” che porco diavolo so di aver scordato sull’aereo di ritorno da una vacanza in Spagna. Era il 2001 e Federer conquistò il suo primo ATP a 19 anni (Foto Federico Ferri).

Ricordo che scrissi una lettera al “Guerin Sportivo” chiedendo al buon Rino Tommasi (che rispose immediatamente nella rubrica in uno dei successivi numeri) cosa mancasse a questo ragazzo per diventare il più forte di sempre. Rispose che era solo questione di tempo. E così fu. Quel match point di ieri ha probabilmente chiuso un capitolo. Quello iniziato al Palalido nel 2001 dopo aver dichiarato con il trofeo in mano che:

“Questo primo titolo ha un valore immenso per me. Da oggi cambia tutto”.

Federer e quell’urlo soffocato di ieri. Quell’urlo innaturale regalato da un’immagine tecnologicamente rallentata e surreale richiesta dal suo sfidante. Con tutto il rispetto, Nadal non avrebbe dovuto farlo e sono certo che se ne sarà pentito. Un uomo e la sua storia. Come il suo Basilea. Come quella di Alex Frei.

” Nel mondo del pallone è molto più facile scalare la vetta del successo che rimanerci”.

Disse così una volta il buon Alex quando ancora vestiva la maglia del Dortmund. Alex Frei, che mi manca in questi pomeriggi senza calcio così come mi manca quell’urlo soffocato della scorsa estate quando un altro match point, quello fallito da Granit Xhaka costò alla Svizzera un’immeritata eliminazione dall’europeo.

“Qualcuno doveva sbagliare e, questa volta, e’ capitato a me”.

Lo disse allora il centrocampista dell’Arsenal concludendo la frase rimandando i maligni all’ufficio anagrafe:

“Ho soltanto 23 anni e ho ancora tante cose da imparare”.

A giudicare da quanto accaduto qualche giorno fa direi proprio di sì e questo in fondo fa tanta differenza tra chi è Roger Federer e chi è stato Alexander Frei. Ogni tanto, penso che quando guardiamo un avvenimento sportivo non siamo liberi e ricettivi. Più che altro veniamo travolti dall’eco che arriva dal profondo del nostro passato. Mi è stato difficile essere maleducato e lasciare il pranzo nel bel mezzo dei festeggiamenti del compleanno di mia suocera, ma Federer mi ha chiamato ed il richiamo è stato irresistibile. Come quelli dell’ultimo Alex Frei. Come quelli che Granit Xhaka si dovrà meritare.

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