Calcio giovanile: Roberto Chiappa, responsabile tecnico del Losone, una vita dedicata al calcio

scritto da Roberto Colombo

Dalla serie B con il Locarno al settore giovanile del Losone, con una costante “La mattina quanto mi sveglio mi dico: che bello questa sera avrò gli allenamenti”

Roberto Chiappa, istruttore ASF da 28 anni, oggi è il responsabile tecnico del settore giovanile del Losone. Prima come giocatore e poi da allenatore, Chiappa ha legato il proprio nome e la sua vita calcistica soprattutto al Locarno, società nella quale per oltre 40 anni ha ricoperto diversi ruoli importanti e vissuto momenti indimenticabili, tra cui il più bello nel 1981 la vittoria nello spareggio contro l’Altstätten e la conseguente promozione dei biancoblu in serie B.

Oltre a essere stato responsabile tecnico del settore giovanile del Locarno, Roberto Chiappa ha anche allenato tante prime squadre importanti del calcio attivi tra cui il Maggia, il Gambarogno, l’Arbedo, il Losone e lo stesso Locarno (in serie B). Successivamente ha guidato l’Under 14 della Selezione Locarnese ed infine, da un anno a questa parte, è il numero uno del settore giovanile del Losone.

CH: Mister ci sono differenze nel guidare un settore giovanile seppur molto importante come quello del Losone rispetto a quello di realtà calcistiche professionistiche?

Roberto Chiappa: «Devo ammettere che sono due mondi abbastanza diversi. I ragazzi delle selezioni si allenano di più ed è molto raro che perdano anche solo un allenamento, sia quelli settimanali che durante il periodo delle vacanze scolastiche. Nelle selezioni i ragazzi sono davvero molto motivati, fanno trasferte anche oltre Gottardo e hanno l’obbiettivo di riuscire a entrare nel Team Ticino, vale a dire nel calcio giovanile d’élite. Invece, in linea di massima, nelle società del calcio regionale c’è meno partecipazione, i ragazzi non sono sempre presenti e in generale gli allenamenti sono meno impegnativi. Tuttavia ci sono delle eccezioni, perché anche nelle società dilettantistiche, come mi è capitato di constatare personalmente al Losone, ci sono giovani calciatori molto validi, appassionati e che vogliono migliorarsi con tenacia e grande impegno».

CH: Mister restiamo nel mondo del calcio giovanile, quanto è importante il risultato sportivo o ci sono aspetti nella crescita del ragazzo che vanno oltre una vittoria o una sconfitta?

Roberto Chiappa: «Il risultato è importante, ma non deve essere la priorità. In particolar modo il raggiungimento di un certo risultato sportivo non deve essere assolutamente fine a se stesso. Vincere senza crescere non serve a niente. Viceversa, ottenere un buon risultato seguendo una certa programmazione, giocando a calcio, impegnandosi nella costruzione del gioco, ha una sua logica che permette ai ragazzi di imparare, divertirsi e migliorare sotto tutti i punti di vista».

CH: Meglio allenare nei settori giovanili o le prime squadre? Il ricordo più bello di tutta la sua carriera?

Roberto Chiappa: «Sinceramente non ho una preferenza particolare. Mi piace allenare e basta, calcio giovanile o attivi non c’è differenza. Ma ho un segreto. La mattina quanto mi sveglio mi dico: che bello questa sera avrò gli allenamenti. Se non fosse così sarebbe meglio smettere subito. Il ricordo più bello? Un’infinità. Ma il più bello in assoluto si ripete ogni giorno ed è vedere i ragazzi che arrivano al campo felici di potersi allenare».

CH: Tornando al calcio giovanile: cosa non vorrebbe più vedere sui campi di calcio?

Roberto Chiappa: «Una cosa che proprio non sopporto è la violenza, sia fisica che verbale, da parte di tutti: dirigenti, allenatori, giocatori o genitori. È un atteggiamento che andrebbe totalmente eliminato, non porta da nessuna parte e di certo non fa alcun bene ai ragazzi».

CH: Mister chiudiamo con un consiglio: qual è il segreto per diventare un gran calciatore?

Roberto Chiappa: «Un vero e proprio segreto non esiste, perché alle volte si diventa un gran calciatore perché si ha il raro dono di esserlo. Però per diventare grandi una strada da seguire c’è, e può essere percorsa da tutti quelli (giovani e non più giovani giocatori) che amano questo sport meraviglioso. È una strada fatta di applicazione continua, tante rinunce, vivere pienamente il calcio e cercare sempre di migliorare i propri limiti giorno dopo giorno».

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