Giorgio Bocca: l’antitaliano

scritto da Davide Perego

“ Perchè il gioco del calcio è il più bel gioco del mondo ? Perché è affidato al caso, perché nessuno ne possiede il segreto, perché ricomincia sempre da capo, perché è affidato ad una palla rotonda che può cambiar direzione a un soffio di vento, perché la forza di una squadra ora sembra invincibile, il giorno dopo scompare, perché nel calcio non esistono i per sempre o i mai che nella vita reale sono le nostre condanne, perché la dea fortuna può arrivare quando non te lo aspetti, e così la dea sfortuna, senza regole precise, a capriccio a sollevare gli umili e a punire i superbi”.

Insieme a pochi altri, Massimo Fini, Massimo Del Papa, Massimo De Marco, Paolo Galli, Tony Damascelli, Libano Zanolari, Riccardo Bertoncelli, Gianluca Testani, Max Stefani e al limite qualcuno che mi sfugge, Giorgio Bocca (foto iljournal.it) ha scritto raramente di questioni che non ho condiviso o che non mi abbia affascinato.
Qualcuno si chiederà cosa possa avere il maestro Bocca di inerente con il calcio svizzero.
Potrei rispondere semplicemente: tutto e niente.
Intanto, ero abbonato a “L’Espresso” soltanto per leggere la sua rubrica che per chi non lo sapesse s’intitola(va) “L’antitaliano”. Una paginetta la settimana dove si poteva leggere la verità: di qualsiasi cosa andasse scrivendo, ivi compresa l’introduzione di questo pezzo apparsa sul settimanale il 12 agosto 2010.
Bocca scriveva che nessun altro gioco premia i mediocri, gli invidiosi e i fanatici come il calcio che al tempo stesso, non risparmia presuntuosi e superbi.
Bocca scriveva anche che come nel gioco del lotto alla fine vince solo il banco, lo Stato padrone.
Per colui che ci ha lasciati proprio il giorno di Natale a 91 anni suonati, il gioco del calcio è la vendetta quotidiana dei tifosi ignoranti sui tecnici sapienti (lautamente pagati) che hanno ridotto il gioco più bello e imprevedibile del mondo a una matematica arida e soffocante.
Per Giorgio Bocca, il calcio raccontato dagli esperti è una barbosissima matematica di quattroquattrodue o quattrotreunodue.
Invitava i giovani ad interessarsi e a cogliere la differenza tra realtà e finzione. Pur sapendo che non sarebbe stato possibile, chiedeva ai giovani aspiranti giornalisti di scrivere sempre la verità.
Qualcuno avrà di che gioire per la sua scomparsa.
A quelli come noi mancherà un casino anche se a quelli come me non si potrà mai far credere che il calcio sia più bello ed incerto del baseball.
Ricordo quando all’inizio degli anni 90 venne a fare una salto in Municipio a Varese per incontrare il sindaco Fassa: il primo cittadino leghista nella storia di un movimento destinato a modificare il proprio corso proprio nella misura in cui Bocca aveva previsto con largo anticipo.
Ne sentiremo la mancanza: alle giovani mezze tacche serve del potere si è liberata un’altra poltrona da occupare per sfruttarla a comando.

DP

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