I sette falsi miti nella formazione nel calcio giovanile

scritto da Walter Savigliano

A volte siamo portati ad insegnare il calcio in un modo non proprio ideale per la crescita del giovane calciatore, vediamo perchè.

Lo psicologo dello sport Giona Morinini, prendendo spunto da ricerche scientifiche e studi, evidenzia i sette falsi miti legati alla formazione di un giovane sportivo. Ecco quello che scrive.

Al fine di suscitare la voglia di mettersi in gioco e il piacere di vedersi migliorare, il contesto sportivo può essere determinante. In questo senso ogni formatore lavora per permettere ai giovani di crescere il più possibile, sviluppando le proprie abilità e stando sempre attenti a lasciare al ragazzo il piacere di praticare la propria disciplina. È quindi fondamentale riflettere su che contesto si voglia offrire ai giovani che praticano sport. Quali sono gli obiettivi e i valori che si desiderano trasmettere.

Weinberg e Gould, nel loro libro “Foundations of sport and exercise psychology”, tra le altre cose, dedicano un capitolo a questo tema. Prendono in rassegna 7 falsi miti legati all’allenamento dei bambini. Per esempio si pensa, in modo completamente errato, che debbano essere trattati come piccoli professionisti. La letteratura scientifica e gli studi ci mostrano invece che i bambini devono prima di tutto divertirsi e provare piacere nel praticare il loro sport. Da questi aspetti ne conseguiranno poi l’impegno e la motivazione. In altre parole la crescita sportiva e umana.

I falsi miti di cui parlano gli autori sono i seguenti:

  1. Il talento atletico può essere previsto in giovane età.
  2. Fare di più è sempre meglio.
  3. Nello sviluppo del talento, possono essere saltati dei passi se qualcuno sembra dotato.
  4. Proporre allenamenti intensi porterà sicuramente i ragazzi al professionismo.
  5. È importante promuovere una specificità della disciplina sin dalla piccola età (in contrapposizione alla polisportività).
  6. Al bambino, se vuole diventare un campione, non è permesso divertirsi.
  7. I bambini con talento devono essere approcciati in modo diverso da quelli privi di talento.

Sette credenze che le varie ricerche ed esperienze sul campo hanno dimostrato false.

Infatti un giovane atleta è, prima di tutto, una persona, e come tale, per poter crescere e dare il meglio di sé, è importante che viva in un contesto sicuro e che gli trasmetta fiducia. Un contesto in cui venga visto per quello che è, senza forzare il confronto con gli altri, e nemmeno caricandolo di aspettative incerte.

Prendersi il tempo per lavorare con lui, dandogli gli strumenti per crescere e raggiungere il massimo del proprio potenziale, vivendo serenamente questa evoluzione, è la miglior via per essere soddisfatti di quello che si otterrà, qualsiasi sarà il livello raggiunto.

Giona Morinini, psicologo dello Sport

Dalla pagina FC Team Ticino.

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