Prima di tutto, sedetevi con calma e leggete questo interessante articolo sui bambini che praticano calcio e sport in generale, che vale per genitori, tifosi, dirigenti, allenatori, e chiunque è sugli spalti a vedere una partita di ragazzi.
Abbiamo trovato nel web questo interessante articolo, impossibile da non pubblicare. A nostro parere vale per chiunque si rechi a vedere una partita o allenamento di calcio, o altri sport, in cui ci siano ragazzi non ancora in prima squadra, per cui vi preghiamo, nella lettura, di sostituire la parola genitore con “il ruolo di chi sta leggendo”.
Di seguito vengono proposti alcuni suggerimenti per i genitori, frutto di esperienze e che servono ad indicare un modello di comportamento positivo nei riguardi dei propri figli, modello che, ovviamente non ha nessuna pretesa di essere un “dogma”, ma solo una traccia di riflessione.
•Stimolare, incoraggiare la pratica sportiva, lasciando che la scelta dell’attività sia fatta dal bambino.
•Instaurare un giusto rapporto con l’allenatore per fare in modo che al bambino arrivino sempre segnale coerenti dagli adulti di riferimento.
•Lasciare il bambino libero di esprimersi in allenamento ed in gara (è anche un modo di educarlo all’autonomia).
•Evitare di esprimere giudizi sui suoi compagni o di fare paragoni con essi: è una delle situazioni più antipatiche che si possano verificare sia per i piccoli che per i grandi.
•Evitare rimproveri a fine gara. Dimostrarsi invece interessati a come vive i vari momenti della gara ed eventualmente evidenziare i miglioramenti. Aiutarlo a porsi obiettivi realistici ed aspettative adeguate alle proprie possibilità.
•Offrire molte opportunità per un’educazione sportiva globale. Rispetto delle regole, degli impegni, delle priorità, dei propri indumenti, degli orari, dei compagni, dell’igiene personale. Il genitore deve concorrere al raggiungimento di questi obbiettivi con l’allenatore.
•Far sentire la nostra presenza nei momenti di difficoltà; sdrammatizzare, incoraggiare, evidenziare gli aspetti positivi. In ogni caso salvaguardare il benessere psicologico del bambino.
•Avere un atteggiamento positivo ed equilibrato in rapporto al risultato, saper perdere è molto più difficile ed importante che saper vincere. Nello sport, come nella vita, non ci sono solo vittorie e dopo una caduta bisogna sapersi rialzare.
•Tener conto che l’attività viene svolta da un bambino e non da un adulto.
•Cercare di non decidere troppo per lui.
•Cercare di non interferire con l’allenatore nelle scelte tecniche evitando anche di dare giudizi in pubblico sullo stesso (in caso di atteggiamenti ritenuti gravi rivolgersi in Società).
•Cercare di non rimarcare troppo al bambino una partita mal giocata o quant’altro evitando di generare in lui ansia da prestazione (non bisogna essere né ipercritici né troppo accondiscendenti alle sue richieste che spesso sono solo dei capricci).
•Incitare sempre il bambino a migliorarsi facendogli capire che l’impegno agli allenamenti in futuro premierà (rendendolo gradatamente consapevole che così come a scuola anche a calcio per far bene c’è bisogno di un impegno serio).
•Abituare il bambino a farsi la doccia, legarsi le scarpe da solo e a portare lui stesso la borsa al campo sia all’arrivo che all’uscita (rendendolo piano piano autosufficiente).
•Cercare di non entrare nel recinto di gioco e nello spogliatoio.
•Durante le partite cercare di controllarsi: un tifo eccessivo è diseducativo sia per i bambini che per l’immagine della società nei confronti dell’esterno.
•Cercare di ascoltare il bambino e vedere se quando torna a casa dopo un allenamento od una partita è felice.
•Ricordarsi che sia i compagni che gli avversari del proprio bambino sono anche loro bambini e che pertanto vanno rispettati quanto lui e mai offesi.
•Rispettare l’arbitro e non offenderlo. Molto spesso gli arbitri sono dei dirigenti e anche loro genitori che stanno aiutando il calcio giovanile: tutti si può sbagliare, cerchiamo di non perdere la pazienza!
•Ricordarsi che molte volte si pensa che “l’erba del vicino sia sempre la migliore” e pertanto prima di criticare l’operato della Società cercare di capire chiedendo direttamente spiegazioni ai Dirigenti responsabili di eventuali scelte ritenute ingiuste.
In un progetto di formazione nello sport che si prenda cura dell’individuo è utile trovare uno spazio adeguato ai genitori. E’ opportuno premettere che i genitori, nonostante siano orientati a desiderare il meglio per i loro figli e a non commettere errori, sono esseri umani e perciò fallibili, nonostante le intenzioni. Ciascun genitore raccoglie in sé pregi e difetti, potenzialità e limiti, desideri ed aspettative. Il mondo del calcio (e dello sport) è fatto di regole, rispetto, accettazione, valorizzazione delle qualità, consapevolezza dei limiti, vittorie e sconfitte, delusioni e soddisfazioni.
Il genitore (tifoso) utile al calcio (e allo sport in generale) è in conclusione colui che:
•è presente, si impegna a conoscere e capire il proprio figlio per le qualità, i limiti, le intenzioni, i desideri, i bisogni, gli errori ed i successi.
•stima il figlio nonostante gli errori ed i limiti.
•rispetta le regole, gli avversari, i tecnici, le decisioni arbitrali.
•fa critiche costruttive utilizzando messaggi chiari.
•incoraggia a competere sulla base delle proprie capacità.
•rispetta il ruolo dei tecnici e dei dirigenti.
•chiede, se lo ritiene opportuno, chiarimenti ai tecnici e ai dirigenti evitando così di alimentare pettegolezzi che si rivelano sempre dannosi per l’ambiente e creano situazioni ansiogene tra gli atleti.
Il calcio non è solo movimento. E’ anche educazione, rispetto, cultura, valori, benessere, stare insieme, condividere, accettazione dei propri limiti, valorizzazione delle proprie risorse, collaborare, mettersi alla prova, autocritica, obiettivi da raggiungere e da condividere. E’ amicizia, fratellanza, sana competizione. Insegna a gioire della vittoria e ad accettare l’amarezza della sconfitta, a cadere per poi rialzarsi, a vivere le emozioni. Tutto questo è cultura calcistica sportiva.
L’importanza del Feedback positivo e costruttivo
Il feedback, ovvero il riscontro che date a vostro figlio, deve essere costruttivo sempre! Se si vuole fare crescere i vostri figli con autostima e senso di sicurezza, confidenti nelle proprie capacità, questo è l’unico modo che avete per centrare questo obiettivo. Concentratevi su ciò che hanno fatto bene, specificando cosa e come. Bisogna rinforzare gli atteggiamenti positivi e sottolineare sempre ciò che i vostri figli fanno bene, non dare nulla per scontato o per dovuto. Anche ciò che a voi sembra una sciocchezza o una banalità, o un gesto facile, per i vostri bimbi può essere un’impresa che non deve passare inosservata ai loro genitori: così facendo li stimolerete a ripetere la prova positiva. Se fate notare ai bimbi che sono bravi fare un gesto, probabilmente lo ripeteranno con più facilità. E’ fondamentale insegnare al proprio figlio a tollerare la frustrazione.
A volte dopo una partita, il genitore, insoddisfatto del risultato o della prestazione del figlio, si mette a criticare le decisioni del mister, non rendendosi conto, per mancanza di conoscenza di questi meccanismi, che così facendo svalorizza una figura di riferimento per il figlio, discernendola di credibilità. Inoltre, ciò può indurre il bambino, che tende ad imitare il genitore, all’abitudine di criticare tutti, proiettando spesso sugli altri il motivo di una sconfitta, o di un’ammonizione, senza riconoscere le proprie manchevolezze. In questo senso può capitare che invece di rendersi conto di non aver giocato molto bene, si dà la colpa all’arbitro, o all’allenatore, soprattutto se si assiste alle affermazioni di un genitore che non riconosce i limiti del figlio. Così facendo, si esclude al bambino l’opportunità di riflettere e capire dove si è sbagliato, traendo da ciò degli spunti di crescita.
Distinguere se stesso dal proprio figlio
Spesso il proprio figlio è vissuto come un prolungamento di se stessi. Questo atteggiamento, spontaneo e non controllabile, è la conseguenza della tendenza dell’essere umano a vedere una parte di sé nel bambino che mette al mondo. Se succede di vedere piangere il proprio figlio in mezzo al campo perché ha sbagliato il rigore o ha subito un fallo, ci si sente inquieti e si può reagire in modo brusco, magari con il genitore di quel bambino autore del fallo. Tutto ciò accade perché quell’esperienza è stata vissuta come un attacco alla parte di se stessi a cui si tiene di più, ovvero quella proiettata sul figlio. In questo senso, il genitore vive le esperienze del proprio figlio come se fosse lui a farle, recependo le sue sconfitte come se fosse lui il perdente, sovreccitandosi anche in modo troppo acceso se il figlio vince. Questo atteggiamento non passa inosservato al bambino, che è sensibile agli stati d’animo del genitore ed al modo in cui egli si comporta o parla con lui. Se dopo aver perso la gara, vede il genitore affranto con il suo silenzio o ipercritico, oppure a seguito di una vittoria lo sente esprimere un eccesso di elogi, l’idea che si fa è che sia accettato da lui soltanto se vincente.