Lugano: cuore, grinta e organizzazione per cambiare marcia

scritto da Redazione

20160409_174302BERNA – C’è poco da dire sulla prestazione offerta dal Lugano sabato pomeriggio contro lo Young Boys. È stata semplicemente sconcertante. Dopo la disfatta interna contro il Sion, nessuno chiedeva ai bianconeri di tornarsene a casa dallo Stade de Suisse con i tre punti in tasca, ma perlomeno una reazione era lecito aspettarsela. Logico affermare, dunque, visto il punteggio, che il Lugano ha fallito completamente nell’intento. L’ottimo periodo di forma dei bernesi non può giustificare la deludente prova di tutto l’effettivo, apparso completamente allo sbando.

Ma di cosa soffre il Lugano? Escludiamo, vista la filosofia di Zeman, che il problema possa essere fisico. Mentre è certo che la rosa a disposizione sia debole e, soprattutto, fragile mentalmente. I bianconeri, inutile negarlo, da un punto di vista esclusivamente tecnico, sono la squadra più scarsa dell’intera Super League assieme al Vaduz. Sono tanti, forse troppi, i giocatori alle prime armi nel calcio che conta e che dunque non possono fare affidamento sull’esperienza contro avversarie ben più pronte e preparate. Tali mancanze si tramutano poi sul campo in numerosissimi errori individuali e collettivi, che sull’arco dei 90′, in partite equilibrate, risultano decisivi. Di partite tirate, però, nelle ultime uscite, nemmeno l’ombra. Anzi, contro Sion e Young Boys sono arrivate due imbarcate difficilissime da digerire. Tredici gol subiti e zero fatti. Che in poche settimane il Lugano abbia disimparato a giocare a calcio? Impossibile. E allora, il problema non può che essere di testa. I bianconeri, fatto innegabile, soffrono tremendamente l’inizio dei confronti.  Si perché basta un gol nei primi minuti per mandare in crisi di identità la squadra di Zeman, che poi fatica a trovare il bandolo della matassa per tutto il resto degli incontri. Troppi sono i gol incassati ad inizio gara, se poi questi cominciano ad essere due o tre in un quarto d’ora, ecco che la goleada è garantita. Inutile poi, per quanto siano state fuori luogo, nascondersi dietro alle dure critiche di Zeman e Renzetti. Si sta parlando di giocatori professionisti, impensabile che due parole fuori posto, possano aver destabilizzato un ambiente sano fino a poche settimane fa. Ora sono i giocatori a doversi guardare negli occhi, discutere e trovare una soluzione per uscire da una situazione che oggi si è fatta più preoccupante che mai, tanto che per la prima volta si è messo in discussione il lavoro del tecnico.

Come opporsi a tali problemi? Punto uno: con l’organizzazione di gioco tanto cara al boemo. Punto due: con cuore e grinta. E se questi fattori, attraverso i quali una neopromossa dovrebbe costruire i propri successi, sono mancati, non ci sono scuse: vanno ritrovati al più presto. Perché nonostante gli evidenti limiti, questo Lugano ha dimostrato di poterci stare nel calcio dei grandi. E non possono essere due partite a cancellare quanto di buono fatto finora.