MY LIFE : questa mia vita (1)

scritto da Davide Perego

Forse sto morendo. “ E che bella notizia !!”, dirà qualcuno di voi.  “Ecchè ce ne frega ?”, dirà qualcun altro. Non festeggiate troppo presto: ho scritto “forse”. Il verdetto è ancora in fase di valutazione dalla giuria in camice bianco che continua a rimandarne il referto. Penserete mica che solo il Wil abbia il proprio destino nelle mani di una consulta?  E’ la vita. Meglio essere avvisati per tempo o meglio una morte accidentale?

Fatto sta che in queste settimane sto pensando di spendere un po’ più tempo per me. Sono abbastanza stufo di scrivere cose che interessano (solo) agli altri e con buona pace di Umberto Tozzi non è mica sempre vero che “gli altri siamo noi”. Oggi – in questa situazione – io sono io. Preferisco essere chiaro: questa non è una “rubrica” e non è nemmeno il mio testamento. Se pensate di speculare sulla mia malattia cambiate aria che nella camera da cui sto scrivendo ci si sta già abbastanza stretti.

Dunque: in questi momenti faccio fatica a ricordare cosa sia accaduto ieri; dovrei preoccuparmi della mia salute, ma do più importanza ad altre cose. Magari è capitato anche a voi di avere la testa piena di vecchie canzoni, di partite memorabili, di vecchi amici d’infanzia che vorreste rivedere. Sapete una cosa? Io vorrei riavere tutte le mie squadre del Subbuteo. Quelle con cui passavo interminabili giornate a fare il campionato svizzero. Alla fine vinceva ovviamente il Servette e sempre in rimonta dall’ultimo posto al primo. Giocavo da solo. Non c’erano abbastanza soldi per comprare le squadre, ma avevo dei barattolini di vernice avanzati dalla passione di mio zio Maurizio per i modellini militari che tanto andavano di moda negli anni settanta. Quattro squadre bastavano. Dipingevo le miniature a seconda delle necessità anche se Basilea e Chiasso avevano la stessa maglia. Le dipingevo e poi arrivavo a un punto che dovevo usare l’acqua ragia perché non vi era più modo di sovrapporre altra vernice. I giocatori più delicati erano i portieri perché spesso finivano in picchiata sui pali delle porte. Avevo un portiere speciale: era Karl Engel. Lui aveva la maglia azzurra e restava quello per tutte le partite del Servette.

Ogni tanto veniva qualcuno a trovarmi, ma non era come oggi con le playstation. Di giocare a Subbuteo fregava qualcosa solo a Massimo che però era gobbo e nel ’76 la musica a Torino non era proprio quella dei successivi quarantanni. Finiva quindi che si giocavano interminabili derby della Mole i cui danni erano visibili sulle caviglie delle miniature. Oggi potrei permettermi di completare la mia collezione di squadre, ma di giocare da solo non ne ho più voglia e poi non ricordo nemmeno più le regole. Il Subbuteo però non lo può toccare nessuno ed è sempre in bella mostra nella camera giochi, anche se oramai è diventato uno strumento indispensabile per appoggiarci i panni stirati.

In alcune giornate, quando piove e non mi va di uscire, capita comunque che ci scappi una partita. L’ultima di qualche mese fa è stata una nostalgica Bulle – Chenois. Non fatevene una colpa se non conoscete la storia di queste due società. Continuate a giocare con i calendari delle fidanzate dei giocatori: e non sognate troppo.  SEGUE

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