Nazionale femminile, Lara Dickenmann: «Vivere all’estero è stato di grande aiuto per diventare la donna che sono oggi»

scritto da Claudio Paronitti

Lara Dickenmann – © VfL Wolfsburg Frauen

La Nazionale Svizzera femminile è voltata in Lituania, dove domani (calcio d’avvio alle ore 17:30) affronterà la locale selezione baltica per la seconda partita del Gruppo H di qualificazione alla prossima edizione dei Campionati Europei

Come anteprima della sfida, che fungerà da «ritorno» di quella dello scorso 3 settembre a Sciaffusa (4-0 a favore delle rossocrociate), il Blick si è intrattenuto con Lara Dickenmann, 33enne calciatrice lucernese del Wolfsburg che ha deciso di chiudere il capitolo-nazionale per lasciare spazio alle più giovani colleghe. Ecco le impressioni principali della ragazza detentrice del record di presenze con la squadra A elvetica (135 partite).

Il College negli Stati Uniti – «Giocare a calcio in quel periodo è stata una bella opportunità. Però, bisogna avere anche naturalmente voglia di studiare. L’esperienza americana mi ha fatto molto bene. Mi ha permesso di vivere la libertà lontano da casa e di mantenermi da sola. Tornando indietro nel tempo, la rifarei. D’altra parte, se una ragazza intendeva diventare una calciatrice professionista non aveva alternative. Oggi, per le giocatrici di talento ci sono diverse opportunità. Puoi trasferirti in Germania o in Inghilterra, così come in Spagna o in Francia. Anche la Svezia, la Danimarca e la Norvegia sono Paesi interessanti. Le ragazze di oggi sono formate meglio di una volta. Hanno più chance di riuscire nei loro intenti, possono allenarsi quotidianamente e sia tatticamente che tecnicamente sono migliori».

L’Olympique Lyonnais – «È stata la mia occasione più grande. Nel 2005 hanno investito moltissimo nel calcio femminile. Io sono arrivata nel momento propizio. La cultura del pallone transalpino mi ha fatto bene, lì il calcio è più tecnico rispetto alla Svizzera o agli Stati Uniti».

La fama – «Non penso di essere la calciatrice più conosciuta. Ramona Bachmann, ad esempio, lo è più di me. Per me, il gruppo è più importante del singolo ed è bello quando le giovani ragazze si rapportano con te. Tuttavia, non interessa a nessuno se alla domenica non gioco e al sabato sera vado in discoteca a festeggiare. Sui giornali però appare se giocatori come Shaqiri o Xhaka vanno a ballare».

Il coming out – «Quando vivevo a Lione, la mia concentrazione era esclusivamente sul calcio. Più tardi, ho capito che c’erano altri aspetti. Ciò che aiuta è dare sempre la propria opinione. Il mio coming out non era pianificato così concretamente. Volevo semplicemente raccontare la mia storia così come è, onestamente e schiettamente. Per me è stato un grande passo verso la donna che voglio essere».

L’onestà nel calcio femminile – «Ci sono molti spettatori che ci fanno i complimenti perché, dopo un contrasto, ci rialziamo immediatamente».

Gli investimenti – «I soldi hanno già una grande influenza. Tra gli uomini, ognuno ha il suo valore di mercato. Oggi, gli attaccanti che segnano hanno la loro personale esultanza. E poi ci sono i social network come Instagram o Twitter. È un fenomeno che non sarebbe male se si proponesse anche tra le calciatrici».

La carriera – «Ho sempre pensato a un ritorno in Svizzera. Però è complicato, in quanto bisogna lavorare tutto il giorno prima di allenarsi. Chapeau a tutte le ragazze che lavorano a tempo pieno e giocano in Lega Nazionale A. Dopo così tanti anni di professionismo non ce la farei. Ho sempre sperato che il calcio in Svizzera si sviluppasse velocemente prima della fine della mia carriera. Ho ancora due anni di contratto a Wolfsburg e per ora non ho piani concreti per il futuro».

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