Sandro Reclari: capitano per sempre

scritto da Davide Perego

di Davide Perego
Sono ripetitivo, ma considerando il numero esagerato di nuovi lettori che giorno dopo giorno si aggiunge alla nostra famiglia, mi viene spontaneo riscriverlo. Non amo particolarmente fare interviste. Anzi: proprio non mi piace. Tuttavia, ci sono situazioni e soprattutto persone,  con le quali è sempre un piacere discutere e confrontarsi. Senza averlo mai conosciuto di persona e tenendomi stretta la considerazione nei confronti del calciatore che ho conosciuto in questi anni, ho pensato che CHalcio dovesse rendere giustizia – e come farlo, se non con un’intervista – a Sandro Reclari, colui che è stato “Il Chiasso” dal 2009 ad oggi. Diversamente non avrei saputo come farlo.
Sarei poco sincero – da insolito tifoso di Chiasso e Mendrisio – se negassi di voler chiedere a Reclari per chi giocherà la prossima stagione per cui – considerando che non è questo lo scopo dell’intervista, ma che molti la leggeranno per questo, meglio togliersi l’imbarazzo di questa domanda concedendo anche a chi non è interessato al resto di utilizzare diversamente il proprio tempo: per chi giocherà Sandro Reclari non è ancora dato a sapersi. Più interessante, a prescindere i colori che accompagneranno il nostro nel suo 32esimo compleanno, sapere se lo vedremo ancora in campo da giocatore.
” Quello che posso dire è che al 99.9% giocherò ancora a calcio, per fare altro c’è tempo: sono ancora sano ed integro fisicamente quindi non ho intenzione di smettere”.

Da poco superata la soglia dei trenta, puoi vantare una grande esperienza con quasi 300 gare ufficiali delle quali due terzi spese in Challenge League. La cerchia è sempre stata la stessa (Chiasso, Mendrisio, Bellinzona): cosa ti ha portato a non lasciare mai il Cantone. Perchè immagino che di opportunità ne avrai avute anche tu. Giusto ?
” Le partite sono di piú a dire il vero, avendo iniziato a giocare nel 1999 in prima squadra a Chiasso, in quegli anni internet non era ancora così diffuso e i dati e le statistiche erano più difficili da recuperare, per tanto di quelle partite non c’è traccia. Ad ogni modo avrei potuto andare oltre Gottardo quando ero ragazzino a 16 anni, nelle U21 di GC e Losanna, ma un po’ per timore un po’ per una scelta scolastica, sono sempre rimasto in Ticino”.

Degli ultimi allenatori con i quali hai avuto l’opportunità di lavorare, quale a tuo modo di vedere ha contribuito maggiormente al tuo completamento come calciatore ?

” Sicuramente tutti mi hanno lasciato qualcosa a livello tattico, mentale o fisico, ma senza neanche pensarci troppo il primo nome che mi viene in mente è quello di Raimondo Ponte. Gli anni più belli della mia carriera li ho trascorsi ai suoi ordini. Mi ha rilanciato, dandomi fiducia, credendo in me, facendomi capire che se si vuole giocare a certi livelli e avere costanza bisogna lavorare duramente. Quegli anni a Chiasso sono stati qualcosa di veramente unico e speciale. L’anno con Bordoli mi ha fatto crescere, per la responsabilità della fascia e per le continue discussioni col tecnico, ma alla fine mi è stato utile per affrontare più serenamente gli ultimi due anni e vedere Zambrotta fare e spiegare i movimenti offensivi degli esterni è stato qualcosa da Università del Calcio”.



Lasciare il Chiasso – se ne è letto molto – pare essere stata più una scelta lavorativa che non calcistica. In molti, dopo essersene fatti una ragione, avrebbero almeno sperato di poterti vedere con la maglia a scacchi del FC Mendrisio. Tanti – tra quelli che lo avrebbero gradito – ci hanno messo una pietra sopra dopo le tue dichiarazioni rilasciate a fine derby di Coppa dello scorso mese di agosto. Cosa ti porterà via dal “Riva IV” e cosa non ti porterà al “Comunale” ?

” Credo che il termine coniato da Mourinho nel periodo nerazzurro ovvero “prostituzione intellettuale” riassuma quello che è stato fatto tramite i media. Ci tengo infatti a ribadire visto che si è cercato di far passare un messaggio totalmente falso, che non è stata una mia scelta quella di lasciare Chiasso, ma semplicemente mi è stato comunicato che non rientravo più nei piani della società e del Mister, agli inizi di giugno. Non vi è stata alcuna trattativa o discussione se non legata a un eventuale posizione come vice allenatore.

Per ciò che concerne Mendrisio posso dire che quella volta non mi aspettavo una domanda del genere riguardo al mio passato a Mendrisio e non sapendo cosa rispondere, trovandomi impreparato, ho ripreso le parole usate dal giornalista dando una risposta abbastanza sciocca, quando invece mi sarebbe piaciuto fare i complimenti al lavoro svolto da Ardemagni e dalla nuova società negli ultimi anni, valorizzando veramente i giovani della zona. Non sto facendo marcia indietro e neanche il furbo, ma nella vita si sbaglia e visto che mi è stata data questa possibilità ci tenevo a fare questa precisazione. Ad ogni modo non penso di tornare al Comunale e soprattutto credo che non vi sia alcun interesse da parte del Mendrisio a riavermi in biancorossonero” .

Credi che il Chiasso potrà operare con maggior serenità nel corso della prossima stagione o vi saranno nuovamente condizionamenti dall’esterno dello spogliatoio ? Cosa non ha veramente funzionato prima dell’arrivo di Schaellibaum ?
” Auguro al Chiasso il meglio: è una società che mi ha dato tanto, dove sono cresciuto e quindi spero veramente che le prossime stagioni possano regalare grandi soddisfazioni al Club, ai miei ex compagni e soprattutto ai suoi tifosi. Penso che ci fosse troppa confusione dovuta al passaggio di proprietà ma adesso le cose si stanno assestando. Il potenziale per fare bene c’è, ma la Challenge League è molto equilibrata negli ultimi anni e la differenza tra fare un campionato di vertice e un campionato di bassa classifica è minima. Molto dipenderà dai primi risultati e se finalmente riusciranno a sfatare il tabù del gol”.



Il rammarico di chiudere senza aver giocato in Super League ? Pensiero solo mio, oppure anche tu hai qualcosa da rimproverarti nel caso in cui ti sia capitato di rifiutare o di non considerare qualche opportunità in tempi nei quali si fa sempre fatica decidere ?

” Beh onestamente ogni tanto ci ho pensato che anche solo una presenza in Super League mi sarebbe piaciuto farla, ma non si può avere tutto nella vita. Probabilmente se avessi ascoltato mio papà e avessi avuto più pazienza ai tempi di Bellinzona sarei rimasto e magari due anni dopo sarei riuscito a realizzare questo desiderio, ma ero giovane e volevo tutto subito e senza capire bene cosa stavo facendo ho scelto di andarmene. A parte ciò sono orgoglioso di quello che ho fatto, riuscire a giocare per 15 anni tra prima lega e Challenge League alle nostre latitudini non è così semplice per tante ragioni”.
Come giudichi da queste prime settimane che hanno separato l’ambiente dal trionfo al ritorno in campo per gli allenamenti l’operato sin qui svolto dal FC Lugano ? 
” Hanno fatto una grande promozione, hanno preso un allenatore che non ha bisogno di presentazioni e volano sulle ali dell’entusiasmo: auguro loro che tutto questo possa dare una grossa spinta per riuscire a restare in Super League. Il cantone calcistico ne ha bisogno” .



Una risposta per i tanti giovani che seguono il nostro blog. Sandro Reclari: nel calcio di oggi, dove si inizia a prendere lezioni a 5 / 6 anni, quali sono le qualità che deve possedere un ragazzino ticinese per poter coltivare il sogno di diventare un calciatore di Challenge League ?

” Difficile da dire, ma per emergere nel calcio di oggi ci vuole un bel mix di qualità mentali, fisiche, tecniche e tattiche e alla fine anche un pizzico di fortuna. Negli ultimi anni con quattro squadre in Challenge League era più facile arrivarci, ma adesso ne è rimasta una e i ticinesi si contano sulle dita di una mano”.
E adesso che le domande sono esaurite, c’è un modo solo per essere più o meno o meno soddisfatti. Il mio, è quello di rendermi conto se avrei voglia di farne altre entrando nello specifico delle prime risposte. Nel caso di Sandro Reclari lo vorrei fare perchè nulla è stato lasciato al caso o all’indifferenza. Ora però, e questo è un altro dettaglio che mi rende antipatica l’intervista è quello di sceglierne il titolo. Evidente che mi piacerebbe continuare il discorso.

1 commento

Anonimo
Anonimo 6 Luglio 2015 - 8:00

perché non fate un sondaggio sulla futura squadra del capitano ?

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