Viviamo in un mondo in cui sembra non ci sia più bisogno di “giornalisti”.
E’ un po’ questo il motivo per cui la categoria reclama (per molti versi a piena ragione) di non essere confusa e svalorizzata. Con la storia di Nicola Salerni, questo fatto c’entra fino a un certo punto, ma va attribuita alla “Rete” e a quella sempre più folta pattuglia di appassionati del pallone, la fortuna di poter dare visibilità a chi dai “giornalisti” non potrebbe mai ottenerla.
Il nostro, non avrebbe mai pensato che quella giocata al Comunale di Mendrisio il 15 ottobre 2016 – quasi due anni fa – avrebbe potuto essere la sua ultima partita in prima lega. Era un pomeriggio nuvoloso, ma senza pioggia. Quel Mendrisio – Grasshopper con Boris Smiljanic seduto sulla panchina delle cavallette terminò con uno degli scoreless più belli che io possa ricordare di aver vissuto. Nicola Salerni lasciò il campo poco dopo l’inizio della ripresa a causa di un infortunio: maledizione! Fatale, all’esterno comasco, fu la 99esima partita con la maglia del Mendrisio. A un gradino dalla conquista di un meritato posto in quel club dei cento in cui non sarebbe più entrato. Precarietà genera insicurezza che genera precarietà. Che la storia di Salerni si sia ricongiunta lontano da Mendrisio con quella di Roberto Gatti è un segnale che il calcio è ancora vivo e che certi legami sono o sembrano indissolubili. Nel meraviglioso e agonizzante mondo del calcio può succedere di tutto. Che questa rubrica possa essere anche per Salerni un augurio a tornare in prima lega? Col passare degli anni – sono infine soltanto 29 – l’esterno che veste oggi la maglia del Vedeggio sembra ben lontano dall’aver infilato il viale del tramonto. E noi – che ci nutriamo di ricordi e di fantasia – non possiamo che essere contenti ogni volta che lo vediamo in campo strapparsi i capelli, cadere, rialzarsi e correre finché cuore e gambe reggono. Perché questo è il calcio che ci piace raccontare.
