Un brutto esempio di cultura razzista nel calcio, anche in Ticino è cosi?

scritto da Walter Savigliano

Abbiamo trovato nel web un esempio di quello che NON DOVREBBE ESSERE lo sport, vale a dire razzista.

Ma qui si tratta di una cultura di un popolo, che si permette di ritenere altri essere umani inferiori. Solo quando ci saranno persone ed istituzioni che aiuteranno i più giovani ad essere culturalmente più evoluti, allora sarà il momento di vivere uno sport e perchè no, una vita più serena per tutti. Vi invito a leggere il testo sottostante:

Lei si chiama Eniola Aluko, ha 32 anni, è il numero 9 della Juventus femminile e nell’ultimo anno e mezzo ha vinto, da capocannoniere, tutto quello che c’era da vincere: Scudetto, Coppa Italia, Supercoppa.

Poi, a un certo punto, all’apice della sua esperienza italiana, ha detto basta. Sono stanca. “Stanca di entrare in un negozio ed essere guardata come se, da un momento all’altro, dovessi rubare qualcosa.” “Stanca di essere guardata negli aeroporti come fossi Pablo Escobar.”
Eniola è stanca di “un Paese indietro di decenni sul tema integrazione.” “Un Paese in cui il razzismo è considerato parte della cultura del tifo.”

Quella di domenica con la Fiorentina sarà l’ultima partita di Eniola, poi tornerà nella sua Inghilterra. Lei, nigeriana di nascita e di passaporto britannica, che è arrivata in Italia per coronare una carriera stellare e da questo Paese andrà via quasi di nascosto per sfuggire a un clima che si è fatto irrespirabile.

Mentre guardi questi occhi sorridenti di un’estate che sembra lontanissima, vorresti afferrarla dolcemente per un braccio e dirle che no, che sbaglia, che deve restare, che l’Italia non è quella che ha conosciuto lei, che questo non è un Paese razzista. E invece non puoi fare a meno di augurarle di scappare via il più lontano possibile, via dai razzisti, dai pregiudizi, dalla discriminazione più o meno esibita, più o meno consapevole.

La verità è che l’Italia una come Eniola non se la merita. E, se ogni sera riempiamo a migliaia queste meravigliose piazze, in fondo è semplicemente perché Eniola un giorno torni qui e si senta finalmente libera di essere donna, di essere semplicemente se stessa.
Scusaci, Eniola. Buon viaggio. Che sia un arrivederci.

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